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mercoledì 29 agosto 2018

Milano-Chiasso, 20 minuti per un bacio




(I baci perugina sono per i giovani)
Lo scarto, quello, il cioccolatino con il bigliettino d’amore, mi appresto a leggerlo, con l’entusiasmo di un’adolescente, in un’attesa amletica. Lo fisso, inizio a leggere… metto a fuoco a 30 cm dal naso, sono aperte le danze a yoyo . Dopo cinque minuti sto ancora salivando il nocciolato sul biglietto. La Pina mi fa notare, buttando là una sguardo scanzonato, che ho il biglietto, non solo al contrario, ma pure al rovescio. Ride, Lei. Riposiziono il tutto, mi concentro, strabuzzo gli occhi con pazienza … la prima parola “Riposa, no no! Riprenditi… No ...Ripreso…No ...Rispondi.. Passo alla parola successiva … questa è più chiara “amico”. Ci siamo ora devo capire se “l’amico riposa o si riprende”. Tiro un sospiro. Terza parola: “segreto”. Evvaiii! Son passati 10 minuti. Quarta parola: “eolo”! Dunque “Riprenditi amico segreto” che “eolo” (nano) ci sta! Biancaneve, l’amore, l’amicizia, il segreto… E la Pina: “si fa tardi”. Non mi scoraggio. Lei ride, io non posso permettermelo! Mi metto due gocce di collirio nell’occhio. Si riparte. A leggere. “Pal.. paese, pal..pal…paypal… La Pina si intromette e mi urla: paleseeee!!! Non la sento. Continuo. Mi guardo intorno, l’autogrill è semivuoto, e poi tutto d’un fiato, mi ritorna in mente… “Riprendi l’amico in segreto e lodalo in palese”!!!. Mi attacco al tè verde fresco-schifo come un maratoneta assetato al termine di una gara, nell’altra mano un altro bacio. Lo scarto e butto via subito il bigliettino. L’amore è un’arte, ma quanta fatica…
Si riparte, stavolta in auto. Nel lettore è rimasto un cd di 11 anni fa... la pina mi racconta… e io sento il cuore più forte di questo motore… #baciperugina

giovedì 22 ottobre 2015

Per quanta strada ancora c'è da fare... buon viaggio amico mio





Dopo una rocambolesca estate alle prese con un ragazzino ormai sedicenne, che ingarbuglia ogni mio tentativo di esprimermi nella figura genitoriale, avevo riposto la penna nel cassetto.
Diventa più difficile scrivere quando crescono. Hanno una capacità di dirottare le situazioni ad una velocità che non riesci più nemmeno a elaborare dentro di te quello che sta succedendo, che già qualcos’altro sta per succedere.

Ti ritrovi a ridere e dopo pochi istanti ad angosciarti per le loro scelte... come quella di partire in vacanza da solo, con gli amici. L’ha fatto!
Non è stata (la mia) una decisione a cuor leggero, tutt’altro.  Non c’è un’età nella quale questo debba succedere.
Devono esserci i presupposti, c’erano…  oddìo, se ci penso mi sento male!

Ho riavvolto la pellicola della mia adolescenza, mi sono rituffata nei miei sedici anni… c’erano le premesse per questa vacanza?
Lo scrivo con una tranquillità … che sembra mi sia tracannata un litro di balsamo alle erbe.

Il giorno della partenza dei magnifici 7 (sì, erano in sette a partire per questa vacanza in solitaria), era un sabato pomeriggio torrido. Il ritrovo in un’area di servizio in Svizzera, dove sarebbe transitato il Pullman diretto in Calabria.
E certo, la vacanza da soli si fa lontana, no?
I magnifici 7 pronti a partire, con tanto di valige, ombrellone sotto il braccio, frigo box anni 60, cuffie per la musica, sigarette (non le ho viste e non voglio saperlo)…

Sotto questo sole … si parte sul serio…

Prima fermata, primo autogrill, prima sosta…
Lui, uno dei magnifici 7 scende dal Pullman, prima di entrare nell’autogrill, lascia la valigetta con il computer, fuori!
Ora (richiudete la bocca), vent’anni fa bastavano pochi minuti e sarebbe sparita, rubata, volé, gestohlen!
Oggi, fuori dal ristoro, c-a-r-a-b-i-n-i-e-r-i  in attesa degli a-r-t-i-f-i-c-i-e-r-i!!! Boom!

Revocati gli allarmismi … il viaggio to be continued

Ripiglio un testo di mio figlio, scritto in terza elementare, che conservo. È un tema sull’amicizia, l’amico è Lui… quello della valigetta….

Forse le premesse c’erano…


(per gentile concessione di Manuel e Gabriele)


















La mia amicizia è nata quando le maestre ci hanno portato nella classe dei rossi per fare dei lavoretti, così mi sono seduto vicino a lui da quel momento siamo diventati amici. Ci siamo presentati e ci siamo detti se dopo ci sedavamo vicino.
Io ho pensato che la nostra amicizia sarebbe stata bella e che avremmo fatto tante cose insieme. Io ho provato la sensazione che c’era qualcosa di speciale per me e sapevo che saremmo diventati grandi amici.
Gabriele era il mio migliore amico che avevo conosciuto.
Quando eravamo insieme all’asilo le maestre ci separavano perché eravamo un po’ monelli, davamo sempre fastidio agli altri.
La nostra amicizia era bella.
Dopo Gabriele è andato alla scuola primaria, non ci siamo più visti per tre anni. Dopo gli ho chiesto se mi dava il numero del suo telefono di casa e così da quel momento ho incominciato a chiamarlo ogni giorno per farlo venire a giocare.
Cosi la nostra amicizia è ritornata.

Manuel





domenica 5 aprile 2015

Ma Dio è simpatico?



Un non troppo vecchio post…  per una Buona Pasqua a tutti
Se Dio sia simpatico me lo sono chiesta un’infinità di volte. Mi chiedo anche altre cose nella vita, così giusto per rassicurarvi.
Sin da ragazzina quando sceglievo chi frequentare sono sempre stata trasportata dall’entusiasmo. Se c’era qualcosa di interessante, divertente, soprattutto divertente, io c’ero.
Ora, ma Dio è simpatico? Poco, abbastanza, molto… Io dico abbastanza.
Premetto che chi scrive è cattolica, ma non pratica molto, un po’ come la palestra; ci vorrei andare, ma rimando sempre.
Oggi i ragazzini dopo la S. Cresima, “ottenuto” quel pezzetto di carta che conferma il battesimo: fuggono o forse sfuggono! Perché? Dio non è simpatico? La Chiesa o il luogo dove ci si ritrova a parlare di Dio non sono attrattivi? Oppure era un “obbligo” e ora è scaduto quindi scelgono di fare altro? O ancora la Chiesa è noiosa e inutile? (Dio abbiamo accertato che è  simpatico).

venerdì 3 aprile 2015

Anche tuo figlio è un campione?




“Tuo figlio cammina?” No, ma ha preso la patente settimana scorsa e ora guida!  Quante volte vi siete sentite domandare: “Cosa sa fare tuo figlio? Cammina? Parla? Mangia da solo? Fa la pipì nel vasetto, insomma è un campione?” (io nel vasetto ci pianto le  erbe aromatiche, ma sorvoliamo).
Ha già tolto il pannolino? (quello glielo toglievo io e ancora non ho capito come riuscivano a toglierselo tanti bebé).

Ha detto prima mamma o papà?

Ma sa già scrivere il suo nome? E contare?

Il mio recita le poesie a memoria e canta divinamente!

Ah no, il mio non parla benissimo, ma sa fare il triplo salto mortale con avvitamento!
Ci si spreca ad elogiare la propria creatura, ma studi personali mi confermano che il 90% delle mamme passa attraverso questa fase, io la chiamo la “lamammadelcampione”.

Io non lo sapevo come sarebbe stato essere mamma, certo nell’immaginario m’aspettavo di partorire un “cicciobello”, ma si vede che non avevo mai avuto una bambola da piccola e sono stata “punita”.
Quanto era brutto quando è nato!
Allora una si crea per forza delle aspettative future, o finge e continua a ripetere a se stesso che suo figlio è il più bello di tutti.

Mio figlio ha iniziato a parlare… tardi. Tardi? Che vuol dire tardi? Ah certo, dopo il tempo stabilito. Stabilito? Ma da chi?

Io do la colpa al nonno, comunicavano a smorfie!
Ma lavoravo, e me ne sono accorta… tardi! Un’altra volta tardi!
Mio figlio ha fatto tutto tardi, però aveva una grande immaginazione. Peccato che quella non si “vede”.

In prima elementare la maestra chiese ai bambini di scrivere a fianco ad ogni disegno il loro significato.
Alla figura di uno scimpanzé il mio figliolo scrive “Zio”. La penna rossa della maestra colpisce inesorabilmente a morte lo “Zio” con un punto interrogativo!
Quel  giorno arriva a casa… tardi, ridacchiando. Guardo il quaderno e chiedo “What’s”?  E lui: “Non è colpa mia se la maestra non ha capito che è mio zio travestito da scimpanzé!” (n.d.r. era il periodo di carnevale)
Dategli torto!
Ecco mio figlio non sapeva cantare, né recitare, e quando parlava non lo capiva nessuno. Però aveva tanta fantasia.
Ma quella non si esibisce, tant’è che alla fine mi sono arresa, non poteva competere con i cuginetti e amici che recitavano, cantavano, ballavano e tant’altro.
A scuola avevo una tattica mia, stavo ad aspettarlo a una distanza ragionevole, dal portone della scuola. Tanto quanto bastava per vedermi, ma non abbastanza per farmi vedere dalle maestre. Poi arriva il momento che non scendi nemmeno più dall’auto.
Mi consegna il quaderno di religione per firmare la verifica.
All’ultima domanda  “il libro di Gesù?”, il mio figliolo risponde: Il Topolino!
Antonella Lolli

venerdì 11 aprile 2014

Shopping con mammà!



Non resisto al bisogno impellente di vivere situazioni estreme. Ancora non ho imparato che si può anche stare in panchina e lasciarli fare. No, no, figuriamoci, io non mollo!
Alla richiesta di mio figlio: “Ma’, forse c’ho bisogno di qualche vestito che vado in colonia al mare!” (come se finora l’avessi mandato in giro déshabillé ), ho risposto “presente!”
Naturalmente colgo al volo “l’occasione”! Ebbene sì, aspettavo questo momento da tanto tempo.
Calmi tutti, non è il sole che mi ha fatto male. Finalmente potevo fare la mamma-shopping. Per chi ha figlie femmine quest’esperienza avviene molto prima, credo, e con tutta sincerità un po’ mi manca non poter avere quei momenti di complicità che vengono a crearsi tra mamma e figlia.
Mi fiondo in auto come Nuvolari, sistemo lo specchietto, giro la chiave e sul sedile a fianco, eccolo! Si allaccia la cintura, si parte.
Già mi immaginavo di trascorrere quel piccolo viaggio insieme chiacchierando un po’. Mi fa segno subito con il dito di stare zitta, poi alza la musica e canta a squarcia gola. Immerso nel suo mondo, non mi resta che comunicare in solitaria. Ogni mio cenno, atto ad iniziare una conversazione, viene prontamente revocato. Ma io sono un’ottimista! Tra poco siamo al centro commerciale, si parcheggia, e poi voilà,shopping con mammà!
Eccoci arrivati, parcheggio e lui scende, ovviamente senza aspettarmi. La camminata è quella che tanto ho “criticato”. Ferma e convinta ho sempre ripetuto a me stessa in passato:  “il mio non camminerà mai così!”, appunto in passato.
Lo raggiungo e mi guardo attorno, l’impressione osservandolo è quella di essere in giro con i Mancio  e Stigma, sì proprio quelli, gli Emo! Porta pazienza, non mi scoraggio. Appena entrati al centro commerciale, si volta e con fare minaccioso mi dice “Se mi fai vedere le cose che non mi piacciono me ne vado”.
Ma che bello fare shopping da Trieste in giù!
Quand’è che lo aprono lo sportello “sos mamme in apnea?”
Ha puntato il negozio, si entra. Sto al suo fianco, guardo un po’ in giro, mi volto e già non c’è più.
No, perché avvisarmi è un disturbo!? Tant’è che parlavo da sola! Sono pure convita che le commesse sono abituate. Noi mamme parliamo con presenze invisibili da sempre, ancor prima che la Nasa annunciasse il primo avvistamento di un’entità animata.
Si ritenta, secondo negozio. Qua ci siamo, me lo sento! Trova i jeans “comelivolevalui”.
Stavolta ho fatto bene la mam…argh!
Entra in cabina per provare i pantaloni, io attendo. Impaziente, sbircio, giuro ho solo sbirciato. L’avessi mai fatto! Urla come Polifemo nell’Odissea. “Chi è?”
Rispondo “Nessuno, amore, è la mamma!” . Torno in panchina!
Ora non vi racconto i dettagli, giusto per dire, due pantaloni, un costume da bagno, due magliette, sette anni della mia vita.
Armata ancora dall’entusiasmo iniziale, gli propongo una merenda insieme al bar. Poteva andar bene? Certo, mi risponde, “ma beviamo solo, la merenda la facciamo a casa”.
Naturalmente, ma sicuro, chi c’ha più la forza di contraddirlo?
Non siete curiosi di sapere cosa abbiamo, o meglio cosa ha bevuto? Una spremuta d’arancio, una bottiglietta di acqua minerale, due mega brioches!
Tanto sono ubbidiente io, che mi sono presa solo un cappuccino! Ma la merenda non si faceva a casa?
Finito il lauto pasto, ecco che si precipita dentro il negozio di videogames. L’allenatore chiede il cambio, rientro in gioco.
Eh no carino, siamo venuti per i vestiti, non per i giochi.
Mi guarda dritto negli occhi e convinto mi dice “Sei disposta a spendere 40 euro per un paio di pantaloni e non mi compri un gioco da 30? Spiegami il perché!”
Mi gratto la testa, cerco nella borsetta, ecco qua… beccati sto cartellino rosso!


mercoledì 26 febbraio 2014

Se sei tu l'angelo azzurro...





Non aspettatevi premesse. Non sarei credibile.
Prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui qualcuno avrebbe fatto meglio di me, no?
Mamme non si nasce, giusto? Nemmeno figli si nasce, giusto?
Io ho lavorato sodo, anche nelle situazioni peggiori non ho mai mollato. Sono stati anni difficili. Lui, un carattere forte, deciso, despota, non per nulla in tenerissima età si era guadagnato il soprannome di Tirannosauro rex.
Sapeva come farmi piangere. Punto.
Un paio di scarpe, un pantalone nuovo, una giacca da cambiare, un parco giochi diverso (non scelto da lui) e la bomba si innescava (chi di voi ha appena pensato “i bambini sono tutti uguali”, è esonerato dal leggere il post per intero. Chi invece ha pensato che avrei dovuto essere più autorevole, non me lo dica, non reggerei).

Conservo ancora un paio delle sue scarpine, se si possono ancora definire tali.  Loro sono state oggetto di una guerriglia durate mesi e mesi. Poi le maestre dell’asilo hanno provveduto a sostituirle (con un paio di scarpe che avevo consegnato loro di nascosto). Naturalmente Lui le ha calzate senza fare un “cip” per poi correre spensierato, Lui, a giocare.
Poi abbiamo avuto la fase “non mi vesto”. Anche qui le maestre hanno capito, Me.
Allora in pieno inverno lo infilavo in auto in canottiera e boxer, gli allacciavo la cintura, gli mettevo la museruola e lo portavo all’asilo.
Appena entrato si faceva vestire in zeroventunsecondi. Bello di mamma.

Siamo stati genitori “cattivi”. I primi anni lo “abbandonavamo” dalla parrucchiera.
Lo sentivamo strillare, piangere, ma noi imperterriti! Al bar, di sotto, a bere un caffè.
Lui ne usciva più forte che mai.
Crescendo, Lui, tu pensi di aver acquisito determinate strategie di persuasione, ma Lui cresce e ti ingarbuglia tutto.
È un po’ come se all’ultimo pezzo che manca per terminare il puzzle, con un colpo di mano qualcuno te lo spazza via.

venerdì 31 gennaio 2014

Liberiamo una ricetta: il Pandolce del Principe Rospo



Questo post partecipa a Liberiamo una ricetta: edizione 2014









Non c’era mai stata una volta una principessa cosi golosa. 
A Palazzo si chiedevano tutti come mai non si fosse ancora maritata.
Principi di tutto il mondo si recavano dal Re a chiedere in sposa la figlia. Oramai il padre aveva perso ogni speranza. Sua figlia era strana. 
Non amava le feste, e nemmeno i ricevimenti. La sua passione era la cucina.

Ma ahimè… l’avrebbe mai trovato un marito disposto a governare o meglio a rigovernare la cucina?

La principessa era spiaciuta di vedere il padre così triste, ma di sposare un principe qualunque non ne voleva sapere.
Mhm… ci voleva una ricetta segreta, ci voleva qualcosa che… potesse far giungere al Castello l’uomo che l’avrebbe resa felice…
Si rinchiuse per giorni in cucina, impastava, cucinava e disfava per ore e ore..... nemmeno di notte riusciva più a dormire.
Un giorno arrivò a palazzo un giovane e chiese di parlare con il Re. 
Il Re dopo averlo ascoltato iniziò a ridere così tanto che quasi si sentì male. Ma decise di dar seguito alle richieste del giovane e gli consegnò: